Numero 216 - Giugno 2023

In provincia di Treviso, come in altre province d’Italia, si conferma l’esito favorevole delle sentenze con le quali tre Giudici del Lavoro hanno accolto la richiesta di una trentina di docenti precari di fruire dei benefici della Carta del Docente, per norma destinata solo agli insegnanti di ruolo.

 

Il sindacato ha promosso gratuitamente questo ricorso riservato a tutti i suoi associati, per il riconoscimento del diritto alla quota di € 500 annui per la formazione ed aggiornamento, diritto che ha visto gli insegnanti con contratto a tempo determinato discriminati rispetto ai loro colleghi assunti con contratto a tempo indeterminato.

A sostegno della richiesta c’è in primis la violazione del divieto alla discriminazione tra lavoratori (principio tutelato sia dalla Costituzione che dalla normativa europea), in conseguenza del fatto che ai docenti precari vengano richieste le stesse mansioni rispetto ai colleghi di ruolo.

Il diritto alla Carta Docente era stato introdotto dalla Riforma Renzi: legge 107/2015 che, con successivi decreti, aveva esteso il benefico agli insegnanti in part time, in aspettativa, a quelli in anno di prova, in distacco e in posizione di comando, fuori ruolo, utilizzati nelle scuole all’estero e così via, mantenendo comunque l’esclusione dei soli docenti con contratto a tempo determinato. Tale scelta si poneva in conflitto con le disposizioni del CCNL 2006/09 (art 63 e 64) che sancisce l’obbligo per l’amministrazione di fornire a tutto il personale docente l’opportunità della formazione in servizio. Anche la Corte Europea si era espressa sulla materia ribadendo il diritto all’estensione del beneficio.

In sede giudiziaria è stata contestata altresì la violazione del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione che, nell’assumere docenti a tempo determinato non formati, utilizza una parte di personale non dotata degli “strumenti per la fornitura del servizio”.

I giudici hanno tuttavia accolto l’obiezione della controparte relativa alla prescrizione del diritto a partire dai 5 anni a ritroso dalla richiesta. Di conseguenza i ricorrenti hanno potuto ottenere i benefici degli ultimi 5 anni e non quelli dei due anni precedenti (cioè a partire dal 2015).

Trattandosi di un beneficio a destinazione vincolata, anche i vincitori del ricorso potranno utilizzare le somme risarcite esclusivamente per la finalità formative e per l’acquisto di beni e servizi dal contenuto professionale.

L’amministrazione è stata condannata a pagare le spese legali e non ha presentato istanza d’Appello. Pertanto le sentenze sono passate in giudicato e diventate definitive.

Si tratta di un’importante vittoria che rappresenta un passo avanti nella rimozione delle forme di discriminazione nei confronti dell’anello più debole della categoria, rappresentato appunto dai precari. Auspichiamo anche che questi passaggi giurisprudenziali inducano l’amministrazione a modifiche sostanziali della normativa, qualcosa si è mosso a riguardo, infatti la bozza del decreto “Salva inflazioni”, estende il diritto alla carta del docente ad una parte dei docenti precari, ma solo a quelli con contratto fino al 31 agosto su posto vacante. Un passo avanti che tuttavia non elimina le discriminazioni.

L’altro fine che perseguiamo con questo tipo di ricorsi è quello di dissuadere la politica dall’abuso di contratti a termine. Nonostante ciò, stiamo assistendo in questo momento al raggiungimento del massimo livello storico di precarizzazione nella scuola che si colloca, in alcune province, perfino sopra al 30%. Tale situazione stride rispetto ai retorici proclami ed appelli alla continuità didattica finalizzata a garantire la qualità del servizio contenuti nei vari documenti normativi. Sappiamo tutti che qualità e continuità non possono prescindere da una stabilizzazione del personale che però richiede investimenti.

Inoltre l’estensione dei benefici della carta del docente rappresenterebbe anche una scelta lungimirante, infatti il personale precario si colloca prevalentemente nella fascia più giovane dei docenti, presso la quale risulterebbe maggiormente giustificato l’investimento nella preparazione, sia perché si trova ad avere meno esperienza, sia perché la formazione sui giovani costituisce un investimento a lungo termine. Inoltre i docenti precari, avendo uno stipendio inferiore rispetto ai colleghi, incontrano maggiore difficoltà nel far fronte alle spese di formazione.

Nell’attesa ed auspicio che il prossimo contratto collettivo nazionale normativo recepisca una ridefinizione dei diritti dei docenti precari, invitiamo gli interessati che non avessero ancora provveduto a rivolgersi presso le sedi provinciali per istruire il ricorso.

Michela Gallina