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Categoria: Giugno 2023
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Numero 216 - Giugno 2023

L’ultimo rapporto ISTAT sui dati della dinamica demografica del 2022 ha fatto rilevare ancora un calo della popolazione nel nostro paese.

Ne ha parlato il direttore generale dell’Istat Michele Camisasca nel suo intervento al convegno della Gilda degli insegnanti dal titolo “Costruire il futuro della scuola. Digitalizzazione, formazione e sburocratizzazione” organizzato a Roma il 20 aprile.

Pur con lievi segnali di recupero al sud, le nascite risultano in ulteriore calo e il numero dei decessi, soprattutto nei mesi estivi, resta elevato.

Secondo i dati ISTAT, se nel biennio 2020-2021 la pandemia da Covid -19 ha fortemente influenzato la dinamica demografica, nel 2022 si sono invece verificati eventi, come l’uscita dall’emergenza sanitaria e l’inizio della guerra in Ucraina, che hanno delineato uno scenario diverso.

In Italia, la popolazione residente al 1° gennaio 2023 è di 58 milioni e 851mila unità, con una riduzione pari al 3% di 179mila abitanti rispetto all’anno precedente. Ciò dimostra come la tendenza alla diminuzione della natalità sia proseguita, anche se con un’intensità minore, rispetto sia al 2020 che al 2021.

La scuola italiana, istituzione centrale della società, è quella che subirà il contraccolpo maggiore dalla situazione che emerge da questi dati.

È già visibile da tempo l’effetto che il calo demografico ha determinato sulla scuola e si stima che per il prossimo anno scolastico 2023/2024, saranno circa 130.000 gli studenti in meno, confermando l’andamento degli ultimi 10 anni.

Un andamento che ha portato già alla chiusura di 2600 scuole del segmento infanzia- primaria nel decennio trascorso e si prevede porterà nei prossimi anni, alla chiusura di altri 1200 istituti.

Le zone maggiormente colpite da questo grave calo di nascite, sono state il meridione e i territori montani con i piccoli centri dove la scuola ha, forse anche più che in altri luoghi, un ruolo fondamentale per la socialità e la cultura.

La perdita di alunni e la soppressione di classi e di scuole, si traduce inevitabilmente in una riduzione delle cattedre che potrebbe arrivare nel 2033/34 a una riduzione dei posti di lavoro tra i docenti e il personale ATA,  di 10/12mila unità.

È evidente che il problema andrebbe affrontato programmando politiche a favore della famiglia e della scuola stessa e migliorando la gestione del tempo scuola soprattutto al sud dove ancora sono una minoranza le classi a tempo pieno.

La riduzione del numero degli studenti dovrebbe essere un’opportunità per la politica, di riorganizzare la rete scolastica e riconsiderare i parametri per la formazione delle classi che pure negli ultimi anni hanno visto aggravarsi il problema delle “classi pollaio”. Ridurre il numero di alunni per classe consentirebbe di migliorare la qualità della didattica con un conseguente impatto positivo sull’apprendimento.

Il rischio invece che negli ultimi anni è diventato sempre più una realtà, sono le scelte della politica, che alla riduzione degli studenti e dei docenti fanno corrispondere la riduzione degli investimenti per l’istruzione tanto che l’Italia risulta essere tra i paesi europei in cui la spesa per la scuola risulta tra le più basse.

Naturalmente le scelte politiche che impoveriscono sempre di più il settore dell’istruzione, non sono affatto un incentivo per chi dovrebbe scegliere di fare più figli, senza avere a disposizione servizi educativi di qualità. Nei prossimi anni o meglio nei prossimi mesi, sarà interessante osservare quali saranno le soluzioni che la politica sceglierà di adottare per contrastare gli effetti della denatalità sugli organici dei docenti e del personale ATA, sul numero delle classi e delle istituzioni scolastiche e sulla qualità dell’istruzione in generale.

VIVIANA IANNELLI