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 APRILE 2007


Autonomia: che fare?

In un recente comunicato stampa, Rino Di Meglio ha denunciato gli effetti a volte disastrosi dell’autonomia scolastica. Spesso mal interpretata dai dirigenti scolastici, impreparati rispetto alla gestione di un potere eccessivo, essa ha creato più danni rispetto ai problemi che intendeva risolvere. In un primo momento si era sperato nella possibilità di snellimento della burocrazia, nella flessibilità organizzativa, in una maggior efficienza dovuta ad una gestione meno centralistica e verticalizzata; purtroppo spesso invece si è dovuto fare i conti con l’anarchia, con uno sbilanciamento di potere tra la figura del docente e quella del dirigente, il tutto a scapito dei docenti.

Alla nostra organizzazione sindacale era balzato precocemente all’occhio come il fiore all’occhiello di molti non fosse in realtà una panacea a tutti i mali, anzi!

Ad ogni modo ora non siamo più i soli a sollevare dubbi e perplessità in merito, l’autonomia scolastica è stata messa infatti in discussione dai risultati di una ricerca presentata dalla stessa UIL, indagine svolta a distanza di quasi dieci anni dall’introduzione della nuova modalità organizzativa.

Auspichiamo che da un attento esame e da una rilettura della situazione possa derivare un aggiustamento di rotta, una rimodulazione del concetto di autonomia.

Tanto per cominciare, e per richiamare in causa una nostra vecchia proposta, siccome il dirigente non è più il preside o il direttore didattico, ma è diventato una persona che si occupa prevalentemente di questioni burocratico-amministrative, allora noi proponiamo, per rivalutare la funzione dei docenti e in analogia a quanto avviene nel mondo accademico, di istituire la figura del “Presidente del collegio dei docenti” da eleggere democraticamente e con un mandato a termine. Una carica elettiva votata da tutta l’assemblea degli insegnanti che individua, in un collega, una persona valida ed in grado di gestire e coordinare il lavoro di tutti.

Sarebbe quanto meno una persona a conoscenza dei problemi quotidiani dell’insegnare e vivere a scuola a contatto diretto con gli allievi, i loro cambiamenti nel tempo ed anche con le loro famiglie, alle prese con le sostituzioni dei colleghi assenti, con un fondo d’istituto sempre troppo risicato e uno stipendio molto, molto modesto. Tutt’altra cosa rispetto al manager improvvisato se non “sprovveduto”, sempre più avulso dai problemi dell’insegnamento e pressato da quelli dell’utenza e della gestione economica-amministrativa. 

Michela Gallina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
     

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