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DICEMBRE 2004 Insegnanti italiani sempre
più anziani. Da
un rapporto dell’OCSE, presentato recentemente ad Amsterdam e relativo ad
una ricerca svolta su 25 paesi in
tutto il mondo, gli insegnanti italiani risultano essere fra i più anziani.
Soprattutto nella scuola secondaria di primo grado, la percentuale degli
over 50 risulta essere del 54 %, mentre la percentuale nella scuola primaria
scende al 26 %, un insegnante su quattro. Questo
significa che la maggior parte degli insegnanti è stata assunta nel periodo
del boom demografico che ha caratterizzato il decennio compreso fra gli anni
60 e 70 ed ora si sta avvicinando alla pensione, le mancate assunzioni degli
ultimi anni e quindi il mancato ingresso di personale giovane, hanno
senz’altro contribuito ad accentuare il fattore anzianità, l’aumento
della precarizzazione dunque potrebbe avere una parte di responsabilità nel
processo di invecchiamento della categoria. Tra
un decennio dovremmo quindi aspettarci un turn over massiccio di insegnanti,
molti infatti degli attuali ultra cinquantenni andranno in pensione. Dal
momento che il rapporto dell’OCSE denuncia anche uno stato dilagante di
insoddisfazione e disagio presso la categoria non solo in Italia ma in molti
paesi, la domanda che ci poniamo è la seguente: fra 10-15 anni, ci sarà
ancora qualcuno che ambirà a svolgere la professione dell’insegnamento o
sceglierà mete più gratificanti dal punto di vista del prestigio e della
considerazione sociale nonchè dal punto di vista economico? Dall’alto
arriva con pressione crescente un’unica proposta finalizzata a rendere più
appetibile la professione: l’introduzione delle carriere di merito. In
realtà, oltre che semplicistica, vista dal punto di vista dei docenti,
questa soluzione risulta essere fonte di ulteriori occasioni di tensione,
competizione, selettività e conflitti all’interno dell’ambiente di
lavoro. Si
tratta dell’ennesimo dispositivo d’impronta aziendalistica, ormai
pervasiva di ogni proposta legata alla gestione delle questioni scolastiche. In
un momento in cui non sappiamo neppure se la figura dell’insegnante
conserverà la sua funzione per il futuro o se dovrà ridefinirsi in virtù
dell’evoluzione rapida del sistema e della concorrenza offerta dalle
molteplici agenzie formative parallele, ridurre il problema della
gratificazione professionale e della considerazione sociale alle carriere di
merito, ammesso che si riesca a trovare un modo oggettivo di misurarlo, ci
sembra davvero fazioso e fuorviante. Michela
Gallina
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