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Redazione
Segreteria
Nazionale
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GIUGNO 2006
INSEGNARE E' FACILE,
DIRIGERE E' DIFFICILE
Chi sa, fa. E chi non sa … dirige.
Quest’asserzione, consolatoria per chi è infastidito da prìncipi poco
illuminati, è applicabile anche alla nostra condizione scolastica?
Vediamo un po’. Il CCNL dei docenti prevede che due di noi possano
collaborare col D.S. nel suo impegno di lavoro, assumendosi per delega
incarichi di amministrazione e di gestione della scuola: si dà quindi per
scontato che alcuni – ma anche tutti – siano in grado di farlo. Forse,
allora, dirigere è facile… Comunque, non occorre aver conseguito una
preparazione specifica, partecipato a corsi di formazione, a concorsi
selettivi con commissioni competenti a valutare conoscenze ed abilità
indispensabili per dirigere una scuola. Nei fatti (e in base al CCNL) basta
avere la fiducia del Dirigente ed una certa disponibilità … e il gioco è
fatto!
Potremmo anche essere lusingati da questo riconoscimento implicito delle
nostre capacità di accedere a mansioni superiori, visto che nessun ATA
(neppure il DSGA) può essere nominato collaboratore del D.S.; e non è da
sottovalutare la gratificazione economica che ne consegue, spesso cospicua
(3000/6000 € annui, persino 10.000! anche) perché pretesa energicamente dal
D.S. nella contrattazione con la RSU d’Istituto. A volte uno dei
collaboratori è proprio un RSU … e qui accenno soltanto al conseguente e
poco corretto conflitto d’interessi che si può generare.
Ma è indispensabile la figura del collaboratore del D.S.? Sembra proprio di
sì, perché tutto è diventato più complesso con la Razionalizzazione (più
scuole raggruppate sotto una stessa Segreteria ed uno stesso D.S., spesso
con la scelta di verticalizzare costituendo gli Istituti Comprensivi); è
stata questa la premessa all’Autonomia scolastica ed alla conseguente uscita
dei Direttori didattici e Presidi dal “comparto-scuola” per ottenere la
qualifica di Dirigenti ed un Contratto di lavoro specifico (e, ovviamente,
più favorevole ancora). Leggendo i fatti in ordine cronologico rovesciato:
vuoi la Dirigenza? Devi occuparti di più insegnanti e di più studenti.
Ottenuto ciò, si scopre che il lavoro è troppo faticoso: ci sono Istituti
con molti plessi (anche 11, in certi casi che conosco) e le scuole autonome
hanno compiti aggiunti rispetto alla vecchia organizzazione, difficili da
rispettare anche per le Segreterie, a cui si chiedono procedure precise e
attente a mille normative.
Ed allora i docenti sono chiamati a soccorrere di questa scuola autonoma
neonata e difficile da dirigere. Insegnare è facile: si preparano lezioni,
si correggono compiti, si studiano strategie didattiche personalizzate in un
battibaleno … ed avanza tanto tempo e tanta energia per improvvisarsi
piccoli e volonterosi Dirigenti Scolastici. Noi lo vediamo bene, e sempre
più, che senza il nostro pronto soccorso il Capo non ce la farebbe; e
neanche la Segreteria, con tutte quelle scadenze da rispettare; e neanche i
bidelli, che ora devono persino pulire la scuola. Le incombenze dei
collaboratori del D.S., infatti, spaziano un po’ in tutti i campi.
Si può essere lusingati anche del fatto che la faccenda non è reciproca: né
il D.S. né il DSGA né i bidelli possono svolgere il lavoro nostro, di
docenti: come mai? Allora, insegnare è più difficile? E noi, accettando
altre mansioni - che credevamo superiori - invece ci declassiamo...?
L’11 aprile ultimo scorso è stato firmato il Contratto Collettivo di Lavoro
dei Dirigenti Scolastici. Non vorrei disconoscere l’equità dei loro compensi
(stipendio tabellare annuo di € 40.129,98, a cui aggiungere la “retribuzione
di posizione” e quella “di risultato”; arretrati calcolati intorno ad
€10.000), ma inutilmente ho cercato nei 58 articoli che lo compongono un
accenno alla necessità – per loro – di avere un aiuto nel lavoro da
svolgere: non sarebbe stato più logico ed equo che i soldi per gli
“indispensabili” collaboratori uscissero dal “loro” contratto e non dal
“nostro”?
Anche qui, non c’è reciprocità: possiamo noi accedere a qualche
remunerazione ficcando la mano nella loro saccoccia? Pare proprio di no!
A maggior chiarezza, aggiungo ancora che la “retribuzione di posizione”
tiene conto delle oggettive caratteristiche delle istituzioni scolastiche:
dimensione (numero alunni, insegnanti, ATA), complessità (pluralità di gradi
di scuole, sede di Centri territoriali per adulti, corsi serali, sezioni
presso ospedali o carceri, sezioni staccate o succursali, numero dei
plessi), contesto territoriale (in zone di disagio socio-economico, piccole
isole o zone di montagna). Ecco il capitolo di spesa a cui avrebbero potuto
accedere i collaboratori del D.S. Ciò avrebbe implicato conseguenze positive
per evitare lo “scaricabarile” (eufemisticamente definito “gestione più
democratica”) da parte dei Dirigenti che, volendo tenere tutta la
retribuzione di posizione per se stessi, si sarebbero dati da fare: più
risolvono da sé i problemi e più incassano. Soprattutto sarebbe rimasta
intatta la parte del Fondo d’Istituto che spetta agli insegnanti e che
dovrebbe essere utilizzata per supportarli nel loro lavoro, non per svolgere
parte di quello altrui.
Si è a tal punto generalizzata l’idea dei “poveri Dirigenti” che, oltre ai
due collaboratori, sono nate figure minori quali i coordinatori di plesso e
di classe, i referenti, persino i responsabili di palestre/laboratori/aule
informatiche … e molti lo fanno, convinti che altrimenti la scuola non
funzionerebbe: hanno ragione. Ma uno scatto d’orgoglio ci potrebbe far
decidere per una totale dedizione ai nostri doveri primari, che non sono
impegni da poco!
Noi sappiamo far tutto, anche questo è forse vero, persino potare le rose
del giardino della scuola. Ma se le lasciassimo appassire sul cespuglio ed
inselvatichire, qualcuno forse si accorgerebbe di loro e provvederebbe.
Il nuovo Contratto per i docenti dovrà partire con la presentazione
dell’atto di indirizzo del Ministero e delle piattaforme sindacali. Mi
auguro che il nostro SAM-GILDA proponga una soluzione di buon senso per
risolvere questo antipatico problema che ha generato conflitti nella scuola
e poco rispetto del lavoro del docente.
Osservo che nella Pubblica Amministrazione possono anche nascere nuove
figure e nuove professioni, se riconosciute indispensabili, ma il
reclutamento dovrebbe essere conseguente a bandi di concorsi pubblici o
riservati, con titoli d’accesso particolari, graduatorie di merito ed
inquadramento stipendiale preciso, non attraverso il sistema raffazzonato
seguito finora.
Giuliana Bagliani
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