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AGOSTO 2006
Gli insegnanti lavorano poco e
fanno tante vacanze
L’immaginario collettivo si è
concretizzato e nella persona del Ministro dell’Economia trova la voce per
gridare quello che in ogni crocicchio, in ogni appartato luogo d’incontro,
in ogni tavolino da caffè si mormora da tempo immemorabile: gli insegnanti
lavorano poco e fanno tante vacanze.
Un classico che non sorprende: chi nella scuola lavora da anni, sottopagato
(per ammissione degli stessi componenti dell’attuale governo), sottoposto ad
una tensione relazionale che poche altre categorie professionali possono
vantare, vilipeso dall’opinione pubblica, indifeso nei confronti di
un’utenza che crede di avere illimitati poteri sulla sua vita lavorativa e
non, è già al corrente di tutto quanto viene detto alle sue spalle.
Sorprende che a ribadirlo sia chi aveva preso l’impegno di restituire
credibilità e dignità alla professione docente in un più ampio disegno di
rivalutazione del sistema scolastico dello Stato.
Ebbene sì!
Si aumenti il numero minimo dei bambini per classe o per sezione, prendendo
accordi con i comuni per il trasporto e ci si accolli la responsabilità
delle ore di percorrenza su strade di montagna che i bambini di 3 o 5 anni
dovranno sopportare per poter formare una classe di dimensioni rispettabili.
Prima di varare le sue leggi, entri il ministro dell’economia, in una classe
di scuola dell’infanzia con 28 bambini dai 3 ai 5 anni, in un periodo in cui
la virosi intestinale imperversa e qualche insegnante, colpita dal male, è
assente e non sostituita (lo stesso invito è stato rivolto dalla scrivente
anche al Ministro Moratti, ma sembra sia caduto nel vuoto).
Si aumenti l’orario di insegnamento! Ma venga prima il ministro, o mandi un
suo sottosegretario, a trascorrere una settimana in una scuola; affronti per
18 ore o per 22 o addirittura per 25 le classi, sempre dimostrando ampia
disponibilità, sempre con preparazione, sempre con una soluzione pronta per
risolvere le problematiche estemporanee.
Elabori una programmazione individualizzata in quelle classi ideali di 26 o
28 alunni e poi si disponga, nel pomeriggio, ad incontrare le famiglie per
instaurare un dialogo costruttivo, a correggere gli elaborati, a preparare
le lezioni, a pensare a come risolvere certi problemi che una classe
presenta (questo può farlo anche mescolando il risotto perché la funzione
docente non è quantificabile e non richiede la presenza dell’insegnante
nell’edificio scolastico), partecipi al collegio docenti e deliberi su
questioni che riguardano la didattica dell’istituto, partecipi alle riunioni
di interclasse, alle riunioni per la programmazione, alle riunioni del
gruppo di lavoro.
Se ha la fortuna di capitare in gennaio o in maggio può ritrovarsi anche
impegnato nelle operazioni di scrutinio.
Può aderire anche ad iniziative non obbligatorie (ma che sono prassi nelle
scuole) e partecipare a lavori di commissioni, portare avanti progetti,
svolgere ruoli di coordinamento, di collaborazione, ma presti attenzione
perché potrebbe ricevere un incentivo economico lordo di € 15,91 all’ora e
non vorrei pensasse ci fossero errori nella posizione della virgola.
Questi sono certamente argomenti dettati dalla rabbia, ma la delusione
rimane se veramente si crede che accanirsi su di una categoria già stanca,
demotivata e frustrata, possa ridare vigore e credibilità al sistema
scolastico italiano.
Non occorre essere ministro per sapere che l’insegnamento affonda le sue
radici nel rapporto docente-alunno e che un docente preparato e motivato può
trasmettere con maggior entusiasmo il piacere per la conoscenza.
Non occorre essere ministro per sapere che in un grande gruppo è più
difficile instaurare rapporti profondi, è più difficile rispettare i ritmi
di ognuno, è più difficile aiutare ogni personalità a realizzarsi.
Se è una scuola migliore che si vuole, così come finora è stato detto,
allora si diminuisca il numero massimo di alunni per classe, si provveda a
stabilizzare la situazione dei docenti e ad incentivare il loro lavoro.
Se, al contrario, si vuole un luogo di raccolta nel quale i bambini ed i
ragazzi permangano sorvegliati da un adulto per il tempo in cui i genitori
sono impegnati nel lavoro, allora si può ancora risparmiare.
Chiara Moimas
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