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Disagio
lavorativo e salute, il punto su
mobbing e lo stress sul lavoro.
Il
27 Maggio 2004 a Roma, nella sede della Regione Lazio,
si è tenuto un convegno, organizzato dalla SIPs
(Società di Psicologia), dal titolo
“Disagio lavorativo e salute”
Il
punto su mobbing e lo stress sul lavoro.
Il
Convegno è stato un'operazione
di Salute Sociale, poiché secondo la definizione dell' Organizzazione
Mondiale della Sanità: "Salute è uno stato di benessere
psichico-fisico e sociale e non semplicemente assenza di malattia od
infermità". Le conseguenze sanitarie ed economiche del fenomeno
mobbing, come quelle sociali e psicologiche, aggiunte a quelle relative al
danno biologico permanente,
sono considerevoli e consistono in lunghi periodi di malattia e nella
necessità di continui interventi da parte dell'ufficio del personale, di
dirigenti a vario livello, di personale medico e consulenti esterni. Ciò
comporta costi notevoli: per l'azienda in termini di produttività ed
investimenti nella formazione; per il soggetto in termini di perdita di
professionalità e deterioramento della qualità della vita; per l'intera
collettività in termini di costi sociali. Il problema legale e
medico-legale, contestualmente alla maggiore numerosità dei casi ed alla
elevata incidenza, si va ampliando e diffondendo sempre di più. Lo
scopo di questo convegno è stato
quello di far incontrare e
parlare tra loro esperti del mondo giuridico, del mondo sanitario, del mondo
sociale, del mondo dell’organizzazione, del
sindacato, in modo da favorire l'interscambio delle informazioni
per ora disponibili e il raggiungimento di una più oggettiva e condivisa
considerazione dei vari aspetti del fenomeno. Al
Convegno sono intervenuti: Claudio Bucci, Luciano Pastore,
psicologo responsabile del “Centro clinico per
Mobbing ed il disagio lavorativo” ASL Roma, Edoardo Monaco, Direttore Cattedra e Scuola di Specializzazione
Medicina del Lavoro II° Facoltà di Medicina e Chirurgia Università “La
Sapienza” Ospedale Sant’ Andrea, Vincenzo
Mastronardi, titolare della cattedra di Psicopatologia Forense
dell’Università “La Sapienza” di Roma, il
dott. Antonio Ratini, responsabile
Ufficio Politiche della Sicurezza sul Lavoro e Dirigente del
sindacato dei bancari UGL, il
prof. Maurizio
Lozzi, Sociologo dell’Università di Cassino,
Fabio D’Amato, Avvocato
Giuslavorista e la nostra iscritta,
prof. Rosalba Sgroia, terminale associativo Sam-Gilda e Gilda che ha
evidenziato come il mobbing si sia insediato in modo subdolo anche nella
Scuola (l’articolo che segue è tratto dalla sua relazione) ed altri
ancora. Fra
i concetti di rilievo è emerso come
il vero problema nel contrastare il fenomeno sia l’eccessiva burocrazia e
la mancanza
di una legge che definisca il fenomeno con esattezza per stabilire i
termini, i confini più identificabili possibili tra le condotte “da
mobbing” da quelle che appartengono alla dinamica dei rapporti
professionali e lavorativi “accettabili”; che stabilisca obblighi
procedurali per l’azienda ed i comportamenti etici negli ambienti di
lavoro, e che imponga sistemi di prevenzione la cui efficienza ed efficacia
siano verificabili e controllabili da organismi istituzionali; che
stabilisca responsabilità non soltanto agli autori della condotta
mobbizzante, ma anche a coloro che hanno tollerato o favorito la messa in
atto di tale condotta. Il problema, allora, deve essere conosciuto,
assimilato, interiorizzato dalle aziende
e dai lavoratori per poter essere riconosciuto, combattuto ed
eliminato il più presto possibile, ossia aggredirlo quando rappresenti un
rischio non accettabile. La vigilanza ed il controllo istituzionale sono
imprescindibili, perché si affrontano fenomeni e problemi, ossia pericoli e
rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori che sono dei beni sociali
e come tali costituiscono un generale interesse collettivo e quindi
istituzionalmente tutelato e lo stato di pericolo per un lavoratore deve
essere penalmente sanzionato. IL
MOBBING NELLA SCUOLA
di Rosalba Sgroia Purtroppo,
la scuola non è
esente dal fenomeno mobbing. Secondo recenti studi internazionali, è uno
dei settori lavorativi più colpiti. Premetto
che non è un caso che io sia stata invitata a relazionare
su questo argomento e, se sono riuscita
a reagire e ad orientarmi in un labirinto che spesso è senza uscita,
è stato grazie all’aiuto di
Grazia Perrone, insegnante del direttivo della GILDA di Bari e curatrice del
forum “No-mobbing”, attivato nel sito internet del suddetto sindacato,
e ai colleghi del
SAM-GILDA (Sindacato Autonomo Magistrale). Preciso
che la GILDA è stata l’unica Organizzazione sindacale del comparto scuola ad inserire la “violenza
morale” nella propria Piattaforma contrattuale ed è attualmente
impegnata nel promuovere una campagna preventiva affinché il mobbing esca
dalla scena. L’analisi
esposta nel mio intervento si è articolata nei seguenti punti: 1)
quali sono state le cause che hanno provocato il mobbing in maniera così
prorompente 2)
tipologia della vittima 3)
quali potrebbero essere le proposte per una reale prevenzione. LE
CAUSE Il
fenomeno del mobbing,
dunque, si sta diffondendo anche nel mondo della scuola. Come mai? Le
ragioni vanno individuate nel profondo cambiamento organizzativo che, negli
ultimi anni, ha investito l’intero mondo scolastico e cioè
A
partire dalla legge n. 29/93
sulla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego integrata
nell’art. 21 della legge n. 59/97 (cosiddetta “legge Bassanini”), la
scuola è diventata un’azienda. Il cambiamento
organizzativo, in questo caso,
non è stato un’ innovazione positiva e vediamo perché. L’autonomia,
nata per alleggerire la burocrazia ministeriale, ha paradossalmente
“spostato” il problema gestionale ai singoli Istituti, rendendoli più
complicati, sia dal punto di vista normativo e contrattuale, che da quello
della convivenza civile e democratica. L’autonomia,
all’insegna della flessibilità, si è ben presto rivelata una formula in
cui tutto è lecito, in barba alle norme contrattuali e alla serena
convivenza civile. I
Direttori Didattici e i Presidi sono stati investiti, al termine di un
“corsetto” di 300 ore, di
un ruolo manageriale che li ha trasformati in Dirigenti Scolastici, con un
conseguente aumento di potere e di stipendio. I Diri-manager, colti
impreparati dal gravoso compito assegnatogli, per tenere sotto controllo la
situazione, si sono circondati di uno staff
di docenti collaboratori nominati dal dirigente stesso. Tali figure,
purtroppo, si sono spesso rivelate fruitrici
di privilegi e spesso premiati per fare altro dall’insegnamento. Per
dare una parvenza di equilibrio si è ritenuto opportuno avviare un nuovo
livello di contrattazione sindacale: quella di istituto tra Dirigente e
R.S.U. Questo,
invece, si è rivelato uno strumento di soggezione che ha intensificato le
difficoltà, togliendo sempre più autonomia ai docenti i quali hanno
iniziato ad avvertire pesanti incrinature nell’impianto democratico che
aveva per lo più caratterizzato l’ambiente scolastico. Si
sono accorti di non essere più certi
di essere garantiti nei diritti fondamentali, quali il rispetto per la
propria professionalità e libertà d’insegnamento, ma soprattutto hanno
verificato, anche sulla propria pelle, il progressivo imbarbarimento dei
rapporto umani. In
molte scuole, insomma, si
restringono i tempi e i luoghi che consentono e favoriscono lo scambio
culturale e umano tra docenti e, quel che è peggio, si sta svuotando di
potere decisionale il Collegio dei Docenti, che è l’organo collegiale per
eccellenza, da cui dovrebbero sortire le principali proposte
didattico-organizzative e le relative delibere. Purtroppo,
a presiedere questa assemblea non è un docente, eletto a scrutinio segreto
dal Collegio, ma lo stesso Dirigente Scolastico, che ha altre competenze. Ne
consegue che, di fronte a questo conflitto di ruoli, molti insegnanti non se
la sentono di esprimere opinioni che contrastino la linea dirigenziale e
quindi cedono all’omologazione, per non subire ricatti
o minacce…. Purtroppo
anche nella scuola dell’attuale riforma è prevista una “feudalizzazione” dell’organigramma del personale perché
si profila una
differenziazione della funzione docente tra tutor
e insegnanti di laboratorio, creando disparità di trattamento tra i
membri di uno stesso “corpo” insegnante. TIPOLOGIA VITTIMA
(tra i docenti) Di
solito il mobbizzato non è il classico "lavativo", ma una persona
responsabile e creativa, che vuole rendersi consapevole dei propri doveri e
dei propri diritti lavorativi, esigendo, quindi maggiore trasparenza
amministrativa. Spesso
è un docente che non vuole essere un
semplice esecutore di compiti o progetti, ma che vuole essere artefice del
proprio lavoro in condivisione con gli altri colleghi, in un clima di
confronto democratico. PROPOSTE
Nel
nostro caso occorrerebbe ripensare al modello organizzativo delle scuole
italiane, ma temo che attualmente sia un’impresa impossibile. La Scuola,
così come è stata e come sarà organizzata lascerà poche speranze in
questo senso. Ad ogni buon conto, per
migliorare la qualità dei rapporti lavorativi sarebbe auspicabile investire
l’attenzione e risorse finanziarie su: ·
Formazione
dei Dirigenti Scolastici affinché possano riconoscere come elementi
essenziali per un rapporto lavorativo motivante e responsabile e proficuo,
il rispetto e il riconoscimento
della persona. Formazione che alleni all’esercizio della democrazia
mediante una leadership basata
sull’autorevolezza e sulla trasparenza e non sull’autorità. ·
Ripristino e potenziamento della Funzione
Collegiale e partecipativa. ·
Predisposizione di un serio piano
di accoglienza per i nuovi arrivati, per consentire loro un inserimento
all’insegna della collaborazione e solidarietà. ·
Formazione
dei docenti volta alla
conoscenza delle dinamiche relazionali e ai possibili rischi derivati da
conflitti di gruppo non gestiti in modo responsabile e creativo. ·
Continuare ad informare i lavoratori della scuola affinché prendano
coscienza del fenomeno e si impegnino ad essere solidali con i propri
colleghi, “vittime” della
violenza morale. In
conclusione, se il mobbing è un fenomeno da combattere in ogni ambito
lavorativo, lo è maggiormente nelle realtà scolastiche, proprio per
garantire a tutti docenti la possibilità di lavorare serenamente, con
dignità, trasparenza, con entusiasmo, creatività, motivazione prerogativa
irrinunciabile anche per il benessere degli alunni. Spero
inoltre, che questo mio intervento possa essere utile anche ai miei colleghi
e a chiunque si sia trovato in simili circostanze, che serva a prendere
coraggio nel non abbattersi e nel saper reagire con l’utilizzo
dell’unica modalità che abbiamo a disposizione: la cultura. Questa ci darà
la possibilità di poter
cambiare le nostre strategie per risolvere i problemi, di poter difendere le
proprie idee in modo civile e responsabile, senza cedere all’omologazione
e all’asservimento. Modalità tipiche del mobbing
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