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Redazione

Segreteria Nazionale

OTTOBRE 2008


UN QUADRO IMPRESSIONANTE

PREMESSA

C'è una logica perversa di tagli e contenimento della spesa pubblica che collega tra loro le scelte di questo Governo in merito all'istruzione e che avrà come risultato finale il progressivo smantellamento della scuola di Stato, con conseguente sviluppo di un più appetibile sistema parallelo articolato di istruzione alternativa: quello offerto dalle scuole private costituite in fondazioni.

Già ad inizio legislatura, verso la scorsa tarda primavera, l’uscita di una Proposta di legge che porta il nome di Valentina Aprea (attualmente presidente della Commissione cultura della Camera e già Sottosegretario del Ministro Moratti) ridisegna una fisionomia completamente nuova di stato giuridico dei docenti e di funzionamento organizzativo e strutturale scolastico e successivamente l'emanazione del Decreto Legge n. 112 (Brunetta) convertito poi nella legge 133 del 6 agosto 2008 ne realizza l’aspetto dei tagli e riduzioni. Decreto e Proposta di legge contengono le premesse di tutti i cambiamenti che stanno coinvolgendo, ma soprattutto coinvolgeranno, il sistema scolastico da qui in avanti.

LA REALTA’

Nessun principio ed esigenza di tipo pedagogico-didattico alla base delle scelte del Governo, quanto severe disposizioni dettate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero per la Funzione pubblica trovano la loro collocazione all'interno di una manovra finanziaria estiva (il decreto Brunetta) la quale si occupa dei temi più svariati quali lo sviluppo economico e la stabilizzazione della finanza pubblica. Non è la prima volta che una legge finanziaria in qualche modo interviene a condizionare le sorti della scuola, ma in questo caso va oltre fino ad entrare nel merito di questioni squisitamente specifiche che dovrebbero competere solo al Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca. Una sorta di sudditanza del MIUR rispetto ad un Ministero, di fatto, di dignità di gran lunga superiore: quello dell’Economia e Finanze.

Nel Decreto Brunetta, all'articolo 64, infatti vengono date disposizioni rispetto ad una revisione organizzativa, degli ordinamenti e didattica fino a comprendere gli stessi programmi scolastici. Le modificazioni, riportate sinteticamente, riguardano:

  • l'incremento di alunni per classe;

  • nuovi criteri per la formazione delle classi;

  • una riduzione generalizzata dell'orario scolastico in ogni ordine e grado;

  • la rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica della scuola primaria;

  • l'accorpamento delle classi di concorso relative alla scuola secondaria;

  • una revisione dell'assetto organizzativo dei corsi serali;

  • la chiusura delle scuole nei piccoli comuni;

  • la sospensione delle iscrizioni alle SISS.

Da questo articolo prendono origine sia il Decreto Legge Gelmini (del maestro unico) che il Piano Programmatico di accompagnamento alla Legge Finanziaria elaborato di concerto tra il MIUR e il MEF, Piano che prevede, rispetto alle voci elencate in sintesi sopra, una dettagliata articolazione di tagli sino a realizzare un “risparmio” leggasi “taglio” di personale docente pari ad 87.400 unità nell'arco di un triennio. Viene ulteriormente precisato che il 30% dei risparmi così ottenuti sarà utilizzato per aumentare la retribuzione dei docenti ma all'interno della costruzione di una carriera basata sul merito.

L’aspetto impressionante è vedere come, per avallare le politiche di economia e tagli, questo Governo sia riuscito a costruire scientificamente una campagna di sensibilizzazione e consenso dell’opinione pubblica. Utilizza in maniera falsata dati numerici e statistiche manipolandoli faziosamente per dare un quadro volutamente distorto della situazione scolastica italiana attraverso trasmissioni televisive e radiofoniche costruite ad hoc, in cui intervengono personaggi vari quali giornalisti, genitori, insegnanti, conduttori prezzolati tutti a fare domande preconfezionate cui seguono risposte altrettanto preconfezionate. Passano anche messaggi intimidatori del tipo: “si dovrebbero punire quegli insegnanti che strumentalizzano famiglie ed alunni per manifestare il loro dissenso” o ancora “questa è una scuola che istiga all’odio”. Intanto la verità è che il tutto sta avvenendo con prepotenza attraverso il diktat imposto da Decreti legge che non lasciano spazio all’apertura di nessun tipo di dibattito all’interno del paese. Il Ministro Gelmini, dal canto suo, non conosce assolutamente la realtà scolastica, di cui ciò nonostante si occupa e, al di fuori di queste situazioni preconfezionate, manifesta notevoli segni di imbarazzo per l'incapacità di rispondere ai quesiti che le vengono posti. 

E ALLORA CHE FARE?

Il suggerimento che abbiamo cercato di dare ai colleghi per tentare di salvaguardare la scuola da questi colpi di scure scriteriati, è stato quello di sensibilizzare il più possibile le famiglie cercando di produrre una contro-informazione rispetto a quella mediatica per far capire loro quali saranno le ricadute dal punto di vista qualitativo e quali opportunità i loro figli verranno a perdere attraverso questo ridimensionamento. Si verrà a costituire una scuola pubblica statale povera, solo ad appannaggio delle famiglie meno abbienti e di quelle straniere, mentre coloro che potranno permetterselo si vedranno costretti a mandare i figli nelle scuole private per poter garantire loro flessibilità di orari, pluralità di docenti, presenza di docenti specializzati e di servizi. Ricordiamo che il problema della qualità dell'educazione e dell'insegnamento è prima di tutto un problema dei cittadini e dei giovani più ancora di quanto non lo sia per gli insegnanti.

Una buona parte delle famiglie sta scendendo al fianco dei docenti per salvare la scuola statale, lo sta già dimostrando attraverso la formazione di comitati, l’invio di lettere sia ai giornali sia al Ministro, sia al Presidente della Repubblica, la realizzazione di incontri e dibattiti con docenti ed esperti, la promozione di manifestazioni (riuscitissima quella di Venezia del 10 ottobre), l'occupazione di scuole e così via. Il fronte della protesta si sta progressivamente allargando anche se i mezzi per contrastare la campagna mediatica sono di gran lunga più rudimentali e limitati rispetto a quelli in mano al Governo. In ogni caso, il timore della perdita del consenso da parte dell'elettorato - e quello rappresentato dai cittadini è di gran lunga più numericamente consistente rispetto a quello degli insegnanti - può essere l'unico deterrente in grado di frenare la furia riformista.

Michela Gallina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
     

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