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SETTEMBRE 2008 Un ritorno al passato Lo scorso giovedì 28 agosto il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto recante “Disposizioni urgenti in materia di istruzione e Università”, successivamente modificato con il decreto legge 137 del 1 settembre 2008 che, ha apportato il cambiamento più drastico: il ritorno dell'insegnante unico nella scuola primaria (di cui si è trattato nell’articolo di fondo). Il testo è stato velocemente promosso con larghi consensi generali e per quel che riguarda la scuola primaria e secondaria di primo grado comporta significative novità che rappresentano una vera rivoluzione copernicana: tra l'altro, una scelta di ritorno al passato. Di notevole rilievo è il ripristino, già dal presente anno scolastico, del voto espresso in decimi anche nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado. Mentre alle elementari i voti numerici si accompagneranno ad un giudizio analitico sul livello globale, alle medie verranno espressi solamente in numeri. Negli ultimi trent'anni, in merito alla valutazione, è stato detto e tentato tutto e il contrario di tutto, di volta in volta demonizzando le scelte precedenti per promuovere quelle successive. Anni di studi docimologici per poi tornare alla pagella del voto numerico che avrà sicuramente il pregio di essere chiaro e sintetico ma non fornisce informazioni dettagliate sui motivi che lo hanno prodotto, sui vari aspetti e le abilità implicati nella disciplina, né suggerimenti per eventuali interventi correttivi e migliorativi. Inoltre senza la descrizione degli aspetti carenti e di quelli positivi, i voti possono anche risultare discrezionali ed arbitrari, nel bene e nel male. Del resto è anche vero che i giudizi estesi si sono rivelati molto spesso di difficile comprensione e, nel tentativo di “dire” senza ferire le sensibilità di alunni e famiglie, hanno spesso finito per essere ambigui e talvolta contraddittori. Di fatto la valutazione è un settore estremamente delicato ed è difficile trovare un sistema efficace di espressione; a maggior ragione colpiscono pertanto la fretta e la superficialità con cui il Ministero ha operato per una decisione di questo tipo. Altro aspetto di rilievo è l'introduzione del voto in condotta che, precedentemente abolito dal ministro Berlinguer, successivamente ventilato dal ministro Moratti, ha ora ottenuto ampio consenso. Pertanto una valutazione insufficiente comporterà la non ammissione all'anno successivo oppure agli esami di fine ciclo, compresi quelli di maturità. Si tratta di una scelta molto drastica, basti pensare che persino la riforma Gentile prevedeva la possibilità di riparazione a settembre in caso di voto basso in condotta. Ora, con questo improvviso giro di vite orientato al rispetto delle norme e ad un repentino ritorno della severità nella scuola, si intende arginare, forse in modo ingenuo e semplicistico, il dilagante fenomeno del bullismo. Coerentemente con la promozione di un maggior rigore, fra le materie d'insegnamento viene introdotta l'educazione civica, accorpata alle discipline storiche e geografiche, articolata nello studio della Costituzione e dell'educazione stradale per la prevenzione degli incidenti. E’ sicuramente lodevole il tentativo di ripristinare serietà, ordine, disciplina e rispetto all'interno della scuola, nonchè la conoscenza delle leggi e del funzionamento dello Stato, sembra però un po' banale il modo in cui viene affrontato: il comportamento in classe è l'ultimo anello della catena di una serie di atteggiamenti e comportamenti generalizzati della società nei confronti della scuola, degli insegnanti e del valore attribuito alla cultura. Far leva semplicemente sulla sanzione e la repressione di comportamenti negativi non corrisponde al cercare di trasmettere una interiorizzazione vera e profonda dei valori e del rispetto delle persone e delle regole che deve nascere da un contesto prima familiare e poi culturale in genere. Ci sono inoltre le condotte devianti espressione di altri disagi: sociali, psichici e familiari che richiederebbero interventi specialistici e professionali. Non è sufficiente dunque insegnare l'educazione civica, l'educazione civica dovrebbe essere vissuta e respirata in tutti gli ambienti frequentati da bambini e ragazzi nonché trapelare dalle agenzie educative e di informazione: in primis i programmi televisivi di accesso ad un pubblico giovane. L'aspetto più devastante del decreto rimane il ritorno nostalgico del maestro unico nella scuola primaria, esigenza e consenso nati molto più da una necessità di taglio della spesa che non da motivazioni di tipo didattico-pedagogiche. Questo dietro-front dopo vent'anni di “modulo” rischia di buttare a mare le specializzazioni acquisite dagli insegnanti della scuola primaria per tornare ad un insegnamento “tuttologico” con conseguente riduzione della qualità del servizio offerto. Preoccupa inoltre la drastica conseguente diminuzione del personale che tale scelta potrebbe comportare: si pensi che se oggi i maestri sono circa 240.000, il passaggio al maestro unico prevedrebbe una riduzione di circa 50.000 unità. Il tutto potrebbe tradursi in un blocco delle supplenze e forse sulla concessione di alcune finestre per consentire il pensionamento anticipato degli insegnanti più anziani. Dalle analisi della Gelmini, rispetto alla spesa sulla scuola, queste scelte sembrano andare nella direzione di creare un numero minore complessivo di insegnanti ma meglio pagati. Dal punto di vista formale il maestro unico è stato introdotto per effetto di un decreto legge, senza la previa concertazione. Il metodo legislativo adottato, peraltro in assenza dei presupposti di necessità ed urgenza che richiederebbe lo stesso, non ha consentito uno scambio dialettico sull’argomento. La riduzione dell'orario scolastico a 24 h è la conseguenza del ritorno al maestro unico; è vero che il livello di preparazione degli alunni non è proporzionale al numero di ore di scuola settimanale, ma allora bisognerebbe prevedere anche una riduzione delle discipline di insegnamento e dei programmi perché già così i ritmi risultano molto compressi. Purtroppo le riforme non vengono mai fatte in maniera organica, pertanto le scelte risultano raramente integrate ed armonizzate tra loro. Questa è comunque una scelta contro corrente rispetto a quelle dei governi precedenti i quali hanno delegato alla scuola, soprattutto dell'infanzia e primaria, tempi sempre più lunghi di permanenza con funzioni quasi assistenziali. Viene spontaneo chiedersi chi provvederà poi all'accudimento dei minori. Il rischio è che la riduzione d'orario, assieme al ritorno dell'insegnante unico, renda sempre meno competitiva la scuola statale rispetto a quella privata che sarà in grado di offrire orari di insegnamento più elastici, nonché l'intervento di esperti specializzati in educazioni quali musica, sport, arte e creatività, tutte proposte che fanno molta presa e immagine indipendentemente dalla qualità del servizio offerto. Sì, perché spesso queste scuole sono dei diplomifici che vendono i titoli a chi può pagare e si sa che il privato deve realizzare prioritariamente un profitto economico. Tali scelte sembrano un ulteriore tentativo di smantellamento della scuola pubblica statale a favore dello sviluppo delle scuole private. Fra le informazioni di rilievo contenute nel decreto troviamo che la laurea in “scienze della formazione primaria” diventa abilitante con effetto retroattivo. Così si chiarisce finalmente un aspetto fondamentale per gli aspiranti insegnanti che hanno seguito questo tipo di percorso formativo. Michela Gallina
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