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MARZO 2006
Scuola sempre più povera!
Abbracciando con uno sguardo critico le riforme volute per la scuola, da
quella berlingueriana prima a quella morattiana ora, riteniamo sia sotto gli
occhi di tutti quanto quello che si vuol far passare come qualificate e
necessarie rivoluzioni pedagogiche, al di là dei grandi proclami e delle
terminologie innovative dal sapore anglosassone, sia, in realtà, ispirato ad
un chiaro e preciso principio: il risparmio ed il taglio della spesa
pubblica. Più volte ci siamo soffermati a riflettere sui rischi di “povertà”
(e non ci riferiamo solo a quella economica), cui va incontro una società
che taglia proprio sull’educazione e sull’istruzione. Se pensiamo però che,
come conseguenza della finanziaria e dei decreti taglia spese, le
decurtazioni non riguardino solo le grandi decisioni e scelte strutturali
dell’impalcatura organizzativo-pedagogica, bensì anche le piccole esigenze
quotidiane di funzionamento amministrativo e didattico, allora il quadro
appare ancora più triste e sconfortante.
Stiamo parlando di una decurtazione che raggiunge, per quest’anno, la
percentuale del 41% del fondo per il funzionamento delle scuole.
Ogni insegnante conosce già le limitazioni e le precarie condizioni di
disponibilità di materiali, sussidi e strumentazioni tecnologiche (o forse
dovremmo dire archeologiche) presenti nella scuola primaria e dell’infanzia,
soprattutto conosce l’arte di arrangiarsi e fare in modo di riuscire a
sfruttare al meglio il poco che c’è a disposizione, ma questo ulteriore
colpo inferto offende e mortifica anche la buona volontà delle persone.
Michela Gallina
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