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Redazione

Segreteria Nazionale

OTTOBRE 2007


LA SCUOLA E' FINITA, W LA SCUOLA!

 

Il 5 ottobre, in occasione della Giornata Mondiale dell’Insegnante, istituita dall’UNESCO nel 1994, la Gilda degli Insegnanti ha promosso un convegno-studio dall’emblematico titolo “La scuola è finita, W la scuola” per riflettere sulla crisi dei sistemi scolastici occidentali e quindi anche della scuola italiana.

Il convegno si è tenuto nella sala congressi dell’hotel “D’Azeglio” di Roma. La moderatrice Renza Bertuzzi ha riportato i saluti ufficiali e gli auguri di buon lavoro dei ministri Bindi, Chiti, Parisi, del vice-ministro della Pubblica Istruzione Bastico e della sottosegretaria La Torre.

E’ seguito l’intervento introduttivo del Coordinatore nazionale Rino di Meglio, che poi è stato urgentemente convocato all’ARAN per le ultime fasi della contrattazione.

E’ davvero finita la Scuola?

Da molto tempo, si propone di modificare (nel migliore dei casi) o di trasformare radicalmente (nel peggiore) l’Istituzione-scuola, per allinearla con l’evoluzione della società.

La Scuola, giova ricordarlo, è sempre stata l’Istituzione deputata alla trasmissione del sapere tra le generazioni. Nella Scuola si conserva un nucleo di sapere codificato che le generazioni precedenti ritengono fondamentale trasmettere alle nuove, senza che questo atto diventi sterile ripetizione. Ogni generazione, infatti, ha sempre conservato ed innovato ciò che le era stato consegnato.

Oggi tutto questo è messo in discussione da un turbine innovativo che non convince del tutto. E’ davvero necessario abolire l’idea di un’Istituzione che si occupi della formazione delle nuove generazioni, secondo un progetto pubblico e condiviso e non secondo obiettivi individualistici e di mercato?

La Gilda degli Insegnanti ha voluto lanciare una provocazione per invitare a riflettere e a confrontarsi, alla luce del rapporto OCSE “Quali scuole per il futuro?”. Le politiche scolastiche dei paesi Occidentali e industrializzati, stanno attuando un di sostanziale superamento del modello di “Scuola-istituzione”, caratterizzante i secoli XIX e XX, a vantaggio della “Scuola-quasi-servizio”.

La “nuova Scuola-quasi-servizio”: sarà in grado di dotare i giovani di quella formazione critica adeguata alle sfide di civiltà e professionali che essi dovranno affrontare nei prossimi anni? O limiterà il proprio intervento all’addestramento?

Nei diversi interventi, gli scenari ipotizzati dal rapporto OCSE, che spaziano dalla fine della Scuola (preconizzata per l’anno 2020) al rilancio della sua centralità, sono stati analizzati e discussi.

E’ stato quindi il coordinatore del Centro Studi Gilda, prof. Gianluigi Dotti a introdurre i temi da trattare, illustrando i risultati elaborati dall’ OECD/CERI e pubblicati dall’OCSE nel luglio del 2007. Dai dati è emerso chiaramente che i sistemi scolastici dei paesi occidentali stanno attraversando una crisi da cui si prefigurano cambiamenti radicali: nuovi modelli di democrazia potrebbero fare da sfondo agli scenari di scuola delineati dai suddetti istituti di ricerca; anzi un pericoloso arretramento della medesima potrebbe configurarsi e compromettere così le conquiste raggiunte in occidente negli ultimi 60 anni. Sei scenari sono stati ipotizzati per il futuro:

1) una scuola come sistema burocratico impermeabile e resistente a ogni possibile cambiamento;

2) una scuola come organizzazione di apprendimento focalizzato;

3) una scuola come centro sociale di base;

4) una scuola sul modello del mercato;

5) una scuola come sistema di apprendimento;

6) una scuola totalmente collassata.

Su questi scenari si sono sviluppati i tre interventi successivi.

Il pubblico ha seguito con grande interesse lo svolgimento del convegno ed

è intervenuto offrendo un contributo al confronto e alla riflessione.

Giovanni Tarli Barbieri, giovane e brillante costitituzionalista dell’Università di Firenze, ha individuato nella crisi della scuola italiana di questo ultimo decennio, un inquietante segnale di scollamento dai principi della Costituzione del ’48.

Le critiche si sono appuntate in particolar modo sulla riforma del titolo V del 2001 che ha ulteriormente contribuito a rendere confuso il rapporto tra i vari soggetti istituzionali e la scuola. L’autonomia, voluta da quella riforma, rappresenta, una soluzione impegnativa, forse eccessiva, che potrebbe comportare spiacevoli ed inattese conseguenze.

Il prof. Giulio Ferroni, illustre italianista dell’Università “La Sapienza” di Roma, autore peraltro di un interessante pamphlet sulla crisi della scuola italiana dal titolo “La scuola sospesa. Istruzione, cultura e illusioni della riforma”, ha tracciato un quadro piuttosto desolante. Dal suo appassionato intervento è emersa una realtà del sistema scuola in progressiva ma inarrestabile disgregazione, dovuta ad un’incalzante avanzata della cultura mass-mediadica, consumistica, qualunquistica e di basso profilo formativo. Il riformismo di questi ultimi anni è stato un tentativo non riuscito di rinnovamento della scuola pubblica, sia per l’inadeguatezza e le ambiguità della politica, ma anche e soprattutto per una palese latitanza degli intellettuali che non hanno saputo interpretare e capire le richieste di soccorso educativo e culturale provenienti dal mondo della scuola.

L’ultimo intervento è stato del prof. Paolo Ferliga psicologo, analista di fede junghiana e insegnante. La sua lettura della crisi della scuola è stata osservata ed analizzata nel tracciato del declino dell’autorità del padre. Il tema, ampiamente trattato in un suo saggio “Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità”, ha consentito di decifrare i comportamenti diffusi nella scuola italiana che minano alla base i processi di crescita e di formazione degli studenti. Partendo dal processo di identità e di identificazione nei primi mesi di vita del bambino, il professore ha saputo trattare con grande perizia il tema dell’autorevolezza e dell’autoritarismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
     

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