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Programmi
dell’85 o Indicazioni Nazionali? Nebbia all’orizzonte Un
altro dilemma che assilla gli insegnanti italiani di scuola dell’infanzia,
primaria e secondaria di primo grado, in questo periodo dell’anno
scolastico tradizionalmente dedicato, fra le altre cose, alla stesura delle
programmazioni didattiche curricolari è: da dove attingere gli obiettivi
della programmazione? Saranno gli OSA o gli obiettivi dei programmi
dell’85 ad essere oggetto dell’insegnamento di quest’anno? I Programmi
dell’85 sono o non sono stati abrogati? Cosa dobbiamo fare per essere in
regola? Cari
colleghi, chi ha una risposta da dare alzi la mano, perché siamo di fronte
all’ennesimo pasticcio scolastico, per lo più inerente ad una questione
non del tutto marginale!!! Oserei dire che la situazione non ha precedenti,
quando mai nella storia della scuola italiana, a due mesi dall’inizio
dell’anno scolastico abbiamo sentito gli insegnanti porsi questo
interrogativo? Una scuola senza un programma è come una nave senza bussola,
un aereo senza radar. Per
quanto riguarda le Indicazioni Nazionali, sappiamo trattarsi di documenti
dalla natura giuridica molto incerta in quanto la loro emanazione non ha
seguito il complesso iter che avrebbe dovuto ufficializzarle come
Regolamenti. L’iter canonico infatti prevede le seguenti fasi: il Ministro
affida ad una commissione ufficiale di esperti, di cui rende nota
l’identità, il compito di redigere i programmi.Il testo, da questi
redatto, deve passare all’esame del Consiglio di Stato, delle Commissioni
parlamentari e del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. Ebbene,
niente di tutto questo è
avvenuto, non conosciamo l’identità del gruppo di tecnici di fiducia
nominati dal Ministro che hanno provveduto alla elaborazione delle
Indicazioni Nazionali, il testo non è passato all’esame degli organi
competenti ma, con un colpo di mano, è stato allegato al decreto
legislativo 59 del 19 febbraio 2004, primo decreto attuativo della riforma
e, attraverso questo escamotage, è diventato parte integrante del decreto
stesso. Se è parte integrante di un decreto allora è legge, ma
come correlarlo con i programmi ancora non abrogasti?
L’argomentazione addotta a giustificazione di queste scelte operative
dell’amministrazione è che comunque si tratta di programmi
“transitori”… Tali
considerazioni riguardano gli aspetti formali delle Indicazioni, se vogliamo
soffermarci su quelli sostanziali o di contenuto, sullo spessore pedagogico
e didattico, allora non possiamo tacere le critiche mosse in merito da
gruppi accademici e associazioni professionali (ricordiamo la polemica
scoppiata intorno alla questione Darwin) ed infine il parere negativo
espresso a luglio dal CNPI. Ma
come si può pensare di sconvolgere un’organizzazione consolidata da quasi
due decenni di pratica in virtù di qualcosa di transitorio? E la formazione
e l’aggiornamento su questi nuovi testi? L’emanazione dei programmi
dell’85 era stata accompagnata da un piano pluriennale di formazione
gestito dall’IRRSAE, ma ora, possiamo aspettarci che vengano stanziati
fondi per aggiornare gli insegnanti su qualcosa di provvisorio in attesa di
poterli aggiornare a breve (?) distanza e con ulteriore spesa su regolamenti
definitivi? E com’è pensabile che si possa “improvvisare”
l’adozione di programmi che non si pongono in una linea di continuità con
l’esperienza precedente e comunque comportano delle modificazioni
sostanziali dell’insegnamento? In
realtà, cari colleghi, non abbiamo risposte da dare ma solo dubbi,
perplessità e preoccupazioni per questa deriva qualitativa inarginabile
della scuola. Gli insegnanti, si sa, riescono a trovare una soluzione a
tutto e sono diventati degli equilibristi nel districarsi tra le mille
contraddizioni che si presentano loro quotidianamente, ma il panorama rimane
comunque desolante. Michela
Gallina
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