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Stato giuridicoProposta di alcuni parlamentariuna sintesi a cura di Rino di Meglio Interveniamo sull’argomento “Stato giuridico dei docenti” solo perché questa proposta ha suscitato un notevole dibattito, ma sentiamo l’obbligo di avvisare i lettori come, a nostra memoria, i progetti di iniziativa Parlamentare non vengano mai approvati per il semplice motivo che le Camere riescono a malapena ad esprimere il voto su leggi e decreti predisposti dal Governo che hanno un canale preferenziale in base ai regolamenti. Ad
ogni modo, un gruppo di parlamentari appartenenti a partiti dell’attuale
maggioranza ha presentato da mesi una proposta di legge che vorrebbe
modificare profondamente lo “stato giuridico” degli insegnanti. Forniamo
ai lettori un’informazione sintetica sui contenuti di questa
proposta. L’art.
1 ribadisce alcuni principi generali che sovrintendono all’esplicazione
della funzione docente, si tratta di principi peraltro già presenti da
tempo nell’ordinamento giuridico, che vengono ripetuti secondo il vecchio
costume italico di scrivere o dire cose inutili fingendo di ignorare che
sono già state scritte. Le
novità stanno in un’intenzione nuova, quella di valorizzare “le libere
associazioni professionali”(ma quali sarebbero quelle non libere ?),
esaminando tutta la proposta capiremo poi di cosa si tratti in realtà. La
seconda novità è un rinvio ad una successiva definizione dello “statuto
degli insegnanti”, i cui criteri generali sono contenuti nel successivo
articolo 2 che definisce i principi fondamentali di questo “statuto”
premettendo che riguarderà tutti gli insegnanti del sistema nazionale, cioè
anche quelli delle scuole private. Dopo
l’enunciazione di ulteriori principi generali, peraltro condivisibili,
relativi a libertà e autonomia professionale dei docenti, i cui ambiti
dovranno essere definiti, si parla dell’istituzione di un “albo
nazionale dei docenti”, suddiviso in sezioni regionali. Si afferma inoltre
che le prestazioni di ogni titolare della “funzione docente” dovranno
essere sottoposte a verifica e valutazione. Viene
definita poi “l’articolazione della funzione docente”, in sostanza un
nuovo modello di carriera che divide i docenti in tre livelli, 7°, 8° e 9°
richiamando i livelli del personale statale (peraltro è dal 1995 che non vi
sono più i livelli). Nell’ambito
di ciascuna fascia dovrebbero essere previsti scatti biennali di anzianità
(il livello di partenza 7°
corrisponde all’attuale inquadramento dei docenti della scuola secondaria. A
prescindere dalle modalità di ingresso nelle tre fasce (iniziale, ordinario
ed esperto) di cui parleremo più avanti, una partenza dal settimo livello
in su e gli scatti biennali ci troverebbero
d’accordo, se non fosse per il piccolo particolare che non è indicato
dove stiano i soldi per coprire finanziariamente il progetto. Uno
dei passaggi delicati e che non ci convince per nulla, è il reclutamento
dei docenti: si parte da una
chiamata diretta del neo laureato, in qualità di tirocinante retribuito al
6° livello, per passare poi all’assunzione in ruolo e l’iscrizione
all’albo professionale conseguente all’esito positivo del periodo di
tirocinio, mediante concorso per titoli, sempre bandito dalle singole
scuole, per accedere al “ruolo” di docente “iniziale”. Il
problema è che un meccanismo così concepito, rischia di travalicare in
sistemi clientelari con i quali le “selezioni per titoli” diventino una
farsa per aggirare il dettato costituzionale. I
docenti delle prime due fasce dovrebbero sottoporsi ad una valutazione
quadriennale, gestita da una commissione interna permanente di valutazione
composta da un Ispettore, il Dirigente, due docenti esperti, e due genitori
per la scuola del 1° ciclo, uno studente ed un genitore nel secondo. Un
rappresentante infine designato dall’organo di rappresentanza regionale
dei docenti. Il
solo pensiero di introdurre la valutazione –sia pur parziale del lavoro
dei docenti da parte di genitori ed alunni è semplicemente inqualificabile. La
valutazione serve ad accumulare crediti professionali, spendibili nei
concorsi per titoli di accesso alle fasce
successive.La permanenza in ciascuna delle prime due fasce è almeno
quinquennale. Viene
stabilito che gli incarichi aggiuntivi complessi (tipo attuali funzioni
strumentali) verranno attribuiti esclusivamente ai docenti dell’ultima
fascia, viene inoltre istituito il ruolo del vice-dirigente cui si accederà
per concorso per titoli ed esami. Queste
potrebbero essere innovazioni positive in quanto farebbero piazza pulita
della paccottiglia attuale di incarichi aggiuntivi e dello sterminato numero
di “collaboratori”, referenti e quant’altro. L’art.
4 della proposta istituisce degli organismi nazionali e regionali di
rappresentanza e garanzia dei docenti. Due terzi dei componenti verrebbero
eletti dagli insegnanti, un terzo sarebbe designato dalle associazioni
professionali o quelle sedicenti tali. Questo
meccanismo di designazioni è semplicemente uno spudorato ed antidemocratico
espediente per favorire gli “amici del giaguaro”, già in uso
attualmente per attribuire esoneri e distacchi ad associazioni professionali
e culturali molto spesso esistenti solo sulla carta. La
rappresentanza in qualsiasi organismo nei paesi civili non può che essere
elettiva! L’articolo
5 garantisce la libera espressione delle associazioni professionali, sarebbe
perfettamente inutile in quanto una fonte ben più autorevole, la
Costituzione, già garantisce la libertà associativa e sindacale. Esso
serve solo a coprire di bei principi l’intenzione sopra
già denunciata, quella di favorire le associazioni la cui
consistenza non è verificabile in nessun modo e che scomparirebbero se si
sottoponessero ad un normale meccanismo di verifica del consenso. Le
funzioni dei nuovi organismi sono del tutto simili a quelle oggi attribuite
al ConsiglioNazionale della Pubblica istruzione e ai consigli scolastici
provinciali. L’art.
7, su cui non possiamo non dare una valutazione positiva istituisce l’area
di contrattazione separata per i docenti e gli ATA.
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